Le cronache del lupo bianco – Il velo strappato

Mitologico e simbolico

12/21/20252 min read

a tall clock tower towering over a forest covered in snow
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Le Cronache del Lupo Bianco – Il Velo Strappato

Prologo - 1000 anni prima

Nel Regno di Oltrevalle, il silenzio non era pace.
Era una coltre pesante, tessuta di omissioni, complicità e parole mai pronunciate.

Cinque inverni prima degli eventi narrati, una figura conosciuta come l’Architetto di Sogni — colui che aveva dato forma alle Accademie dove i giovani imparavano a leggere il destino e a costruire futuro — fu colpita da un sortilegio di violenza tanto oscuro da spezzare il cuore di qualunque cavaliere.

L’Architetto sopravvisse.
Ma la sopravvivenza non è guarigione.

Si ritirò nelle sue quattro mura, come un lupo ferito, stringendo i denti per non sbranare chiunque osasse avvicinarsi alla sua prole. All’esterno, intanto, il mondo continuava a lodare chi lo aveva tradito, celebrando maschere e narrazioni comode.

A capo delle Gilde del Regno sedeva una figura che si proclamava protettrice degli umili, avvolta in manti di seta e parole di giustizia. Ma nell’ombra, il marcio divorava lentamente le fondamenta dell’intero sistema.

Dalla sua tana, l’Architetto osservava.
E soprattutto, ricordava.

Ricordava i tributi sottratti agli operai delle Gilde: oro destinato alla protezione dei lavoratori, sepolto invece sotto arazzi pesanti per nascondere debiti e sanzioni reali.

Ricordava la messinscena di un anno prima, quando la stessa figura aveva versato lacrime di coccodrillo davanti all’Alto Magistrato, recitando la parte della vittima pur di impedire che uno specchio magico mostrasse a tutti le immagini della sua vera natura.

Ricordava l’abuso dei Sigilli Reali: guardie corrotte avevano forzato archivi segreti, violato forzieri privati senza mandato, convinte che le tracce incise nei cristalli di memoria non sarebbero mai state ricostruite dai Grandi Inquisitori della Procura.

Ricordava le pergamene dei bilanci, firmate con inchiostro falso, mentre le folle celebravano i successi delle Accademie sperimentali, dimenticando chi ne fosse stato il vero Genio creatore.

A un certo punto, il silenzio cessò di essere una scelta.

«Basta», ringhiò il Lupo.
E il suono fece vibrare le pareti della sua prigione volontaria.

Non era più una questione di monete d’oro — battaglie già combattute e vinte nelle corti precedenti.
Era una questione di Luce.

La Negazione Perpetua — quel morbo che spinge gli usurpatori a negare l’evidenza fino a distruggere l’anima altrui — non poteva essere curata con il silenzio. L’unico antidoto possibile era la verità pubblica.

L’Architetto guardò le anime che gli stavano accanto. Quelle che aveva protetto con la sua stessa carne. Sapeva che chi lo aveva colpito non era stato abbastanza lucido da chiudere i conti per pura opportunità, ignorando persino il monito che amava ripetere:

“Non conta la sentenza, ma il marchio che la società ti imprime al primo sospetto.”

«Ringrazia gli dèi che non portiamo lo stesso stemma», sussurrò il Lupo alla notte,
«perché questa guerra si sarebbe conclusa molto tempo fa».

Il tempo delle docce fredde era finito.
Il Lupo non sarebbe caduto.

Avrebbe spalancato le porte della sua tana non per sbranare, ma per costringere il Regno a guardare ciò che era stato nascosto. Perché la vera giustizia non si pesa sulla bilancia dell’oro, ma sul coraggio di non permettere che nessuno venga mai più toccato da quella manipolazione oscura.

Questa era la promessa di un Lupo che aveva smesso di sanguinare
e aveva iniziato a parlare.

Aveva scelto, consapevole delle tempeste future che avrebbero colpito tutti, di usare le stesse identiche armi.
Questa volta, senza fermarsi.

L’unico antidolorifico capace di riportarlo da lupo a umano.

Chi siete? Architetti o Proclamatori.

Chi nutrite tutti i giorni ?

Parole del Lupo Anziano.

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