Ravenna contro la Violenza sulle Donne
25 novembre Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'ONU
Sociologia della Devianza GdrS
11/26/20253 min read
Oggi, vedere Ravenna che manifesta contro il femminicidio non è solo assistere a un gesto di dolore e memoria, ma è trovarsi di fronte all'esigenza di nominare l'orrore. Il femminicidio, l'uccisione di una donna in quanto tale, rappresenta il punto finale, l'esito più brutale di una lunga catena. La storia di questa violenza impone di trascendere l'atto singolo per inquadrare il fenomeno nella sua dimensione strutturale di violenza di genere.
È necessario riconoscere che la violenza subita dalle donne presenta matrici, dinamiche e contesti – prevalentemente intimi e relazionali – che la distinguono profondamente da altre forme di aggressione. Per questo, l'equiparazione con una generica "violenza maschile e femminile" rischia di generare una falsa simmetria, ignorando le radici storiche e socio-culturali della disparità di potere che alimenta questi crimini.
La violenza di genere è strutturale, non accidentale. E qui risiede l'esigenza di risalire la catena causale. Se il femminicidio è la manifestazione più cruenta e la violenza di genere è la cornice sociale, allora la matrice ultima risiede nel tessuto culturale che ci definisce.
Per questo, propongo l'uso del termine culturamicidio. (Si tratta di un neologismo che introduco per necessità analitica, data l'assenza di un vocabolo specifico che definisca l'annientamento della cultura della parità, un fenomeno che considero il presupposto di ogni femminicidio.) Il culturamicidio non è un omicidio fisico, ma la distruzione sistematica e silenziosa della cultura dell'uguaglianza, del rispetto e della libertà individuale.
È l'annientamento della possibilità di esistere pienamente e liberamente, perpetrato attraverso stereotipi, svalutazione implicita ed esplicita, e la normalizzazione della disuguaglianza di potere. Dobbiamo guardare al sistema di credenze, ai linguaggi e ai modelli comportamentali che continuamente autorizzano, coprono e minimizzano la violenza. Riconosciuto il culturamicidio come l'origine, ne consegue una riflessione etica e pedagogica fondamentale: la violenza comportamentale non è un evento isolato, ma la radice da cui può germogliare la violenza estrema.
Se la violenza inizia con il controllo, la manipolazione e l'agito psicologico, è lì che deve iniziare la prevenzione. La vera battaglia non si combatte solo dopo l'atto estremo, ma nel quotidiano. Per questo, la riflessione sul culturamicidio si trasforma in un imperativo educativo, volto a sviluppare la lucidità critica contro ogni forma di violenza agita e subita. Si deve insegnare a riconoscere e a rifuggire comportamenti che ledono la dignità altrui: l'uso del linguaggio svalutante, la manipolazione emotiva, l'esclusione sociale. Questi sono gli embrioni relazionali del culturamicidio.
Parallelamente, è cruciale educare a una consapevolezza etica che vada oltre la mera difesa: si deve sviluppare la capacità di auto-analisi e la consapevolezza che la violenza non è solo fisica e non ha un genere esclusivo. Occorre formare individui che comprendano che non si deve mai esercitare un potere manipolatorio o abusivo su nessuno, imparando a nominare e gestire le proprie emozioni.
L'educazione deve mirare a smantellare il culturamicidio prima che si insedi nelle menti, formando persone non solo capaci di difendersi, ma profondamente responsabili del proprio agire e del proprio rispetto per gli altri. È in questo esercizio di responsabilità che si inserisce la sfida individuale. Come molti, riconosco onestamente di essere incorso in "scivolate" di violenza verbale Contesti affettivi, lavorativi, emotivi e razionali.
Ma la violenza resta violenza, ed è il dovere di ogni adulto, nella sua maturità e consapevolezza, chiamarla per nome. So che, per la forza delle abitudini e la fragilità umana, queste scivolate potrebbero ancora manifestarsi. Ma il vero tema è se, con la crescita e l'invecchiamento, attraverso il costante esercizio dell'autoconsapevolezza, sarò in grado di farlo sempre meno. L'impegno per una società libera dal culturamicidio inizia con la fatica di liberare noi stessi, giorno dopo giorno, dalla violenza che, anche se nelle sue forme più sottili, inconsapevolmente agiamo.
Non ricordate le ultime confessioni professionali umane.
Torniamo al femminicidio!
Torniamo dai più piccoli come modelli comportamentali congrui con le azioni.
"La violenza radica nel tempo in questa incongruità"








